C’è una giornata anche per la famiglia in questo calendario strano di celebrazioni che a volte sembrano assumere più il significato di “commemorazioni”, di qualcosa che è scomparso o in via di estinzione.
La famiglia per tanto tempo è stato un collante, un porto sicuro in cui gettare l’ancora, le dita della mano del Verga, che agiscono all’unisono, ma con una precisa gerarchia. Famiglia deriva da “faama”, che significa casa, il tetto sotto al quale si raccolgono le persone che fanno parte di questa piccola comunità. Protezione e punto di riferimento, ma anche regole e gerarchie che servono a tenerla insieme.
La voglia di libertà e indipendenza ci ha fatto sempre più allentare questo legame, ci ha fatto mettere distanze dove prima c’erano rapporti stretti, anche spazi stretti, da condividere. Cercare la propria autonomia, la propria libertà, in contrapposizione al vincolo di famiglia, vissuto come qualcosa di arcaico, di non più attuale, ha finito per togliere valore alla famiglia; oggi un concetto talmente diversificato, da non avere più un modello di riferimento. Alcuni ne hanno nostalgia, altri assolutamente no.
Forse oggi quelli che più cercano la famiglia sono proprio quelli che in teoria non potrebbero esserlo oppure quelli che non l’hanno mai avuta.
Per quanto mi riguarda non ho per nulla nostalgia del vecchio modello di famiglia, del padre padrone, della suocera in cerca di rivalsa sulla nuora, ecc., ecc. A me piace però l’idea di una famiglia come gruppo che condivide un progetto di vita, che discute, che riflette, che lascia liberi, che rispetta tutti i sui componenti, dà fiducia, dà supporto, forza, energie. Sostiene le passioni e cerca di fare emergere i talenti che ha in seno. Uno spazio fertile, per coltivare e far crescere, più che un modo per dare regole e incutere paure, paletti e giudizi morali. Proteggere senza inibire, dare punti di riferimento senza togliere spazi. Difficile, molto difficile. Tante volte mi interrogo se sono un buon imprenditore: per tanti versi sì, per altri no: nel complesso posso dirmi abbastanza soddisfatto.
Ma ancora più spesso mi chiedo se sono un buon padre, se la famiglia che abbiamo costruito con Antonella e Andrea si avvicini all’ideale di famiglia che ho appena descritto: qui la risposta è più difficile, a volte mi sembra di sì, altre volte mi sento non all’altezza; posso dire che ci ho provato e ci sto provando ogni giorno, ben sapendo che non c’è un punto di arrivo, neppure con la morte. I semi che lasci continueranno a germogliare anche dopo di te. Sento i miei nonni, mio padre, che non ci sono più, eppure sono ancora qui accanto a me, le loro voci nelle orecchie, a seguirmi e darmi consigli. La famiglia è un progetto di vita che va oltre la vita, è un abbraccio dolce che ci avviluppa nei momenti di gioia e nel dolore, un corredo che non smetterà mai di vestirci.
In questo progetto di vita abbiamo messo anche Terra e Sole, che è un po’ una seconda grande famiglia, una comunità che si è allargata a chi collabora con noi, ai produttori, a tutte le persone che ogni giorno scelgono di farne parte. Di una cosa sono certamente orgoglioso: trent’anni fa Antonella mi ha convinto ad aprire Terra e Sole e da più di dieci anni anche Andrea è alla guida di questo progetto e rappresenta la garanzia che continuerà a crescere, nel rispetto degli ideali per i quali è stato costruito.
Il ricambio generazionale è sempre un momento molto delicato per le aziende e quindi sarebbe sbagliato darlo per scontato. Se sta accadendo significa che probabilmente qualcosa di buono abbiamo fatto sotto questo tetto.
Renzo Agostini