Ho appena terminato la lettura del libro di Franco Berrino ed Enrica Bortolazzi “Il Mandala della Vita – 12 leggi per ritrovare l’armonia e la felicità” (ed. Mondadori, 2021) ed ho già voglia di rileggerlo.
Mi capita di rado; di solito chiudo il libro e mi godo il sapore che mi ha lasciato in bocca, come dopo un buon pranzo. Ma in questo caso è diverso, ho proprio voglia di tornare ad immergermi in questa lettura così ricca, con una visione così ampia, come puoi trovare solo in alcuni testi sacri: ti fa sentire parte del cosmo, particella elementare di un organismo incommensurabile, ma non per questo insignificante, al contrario.
Senti la grande bellezza che ti circonda e ti fa venire voglia di entrare a farne parte. Ti rendi conto di quanto è povera e miope la nostra visione del mondo, rispetto a popoli antichi e alle varie religioni che le hanno prodotte, dal buddismo, all’islamismo, ai popoli nativi, al primo cristianesimo. Talmente povera da poter affermare che oggi non esiste più una visione del mondo, sostituita da una aspettativa di vita, un epitaffio al posto di un sogno; l’uovo oggi, perché nessuno ha più voglia di immaginare e il tempo di aspettare, la gallina di domani.
Una vita vissuta con il paraocchi del benessere consumista; una vita da beota che in quanto tale non sa neppure riconoscere la propria condizione. Il riduzionismo materialista che ha invaso gran parte delle nostre vite e della “cultura” che viene propinata ai nostri figli ha prodotto un disastro sull’essere umano, sempre più simile al Pinocchio burattino, incantato dal Paese dei Balocchi, così lontano dal meritare di avere la dignità di un Uomo.
Temo che questo libro risulterà “difficile” da leggere per tante persone, che potrebbero sorridere altezzose di fronte ad un percorso che ci mette davanti i sentimenti, le emozioni, l’amore, la gratitudine, l’amicizia, la spiritualità, la morte e la rinascita, tutta roba da “vecchi”, da gettare nel fuoco, da bruciare sull’altare dell’ignoranza senza neppure sprecare lo sforzo di comprenderla.
Ma non penso che sia stato scritto per queste persone, ma per quelle che possono trarne conforto, insegnamento, energia vitale. E trasmetterle a loro volta; un tam tam che può crescere fino a rischiare di diventare tuono, perché “una minoranza sufficientemente creativa può influenzare l’opinione pubblica e cambiare i destini del mondo” come diceva spesso Gianfranco Zavalloni (una persona a me tanto cara che purtroppo ci ha lasciato da qualche anno… o forse no… visto che mi trovo così spesso a pensare a lui).
Dodici leggi, scrivono Berrino e Bortolotti, per ritrovare l’armonia e la felicità. Forse avrebbero potuto chiamarle “suggerimenti” piuttosto che “leggi”, ma non sarebbe stato corretto. Serve impegno, responsabilità, consapevolezza, coerenza, rispetto, nei confronti di se stessi e di tutto il creato: per questo sono “leggi” e come tali vanno rispettate, senza che ciò intacchi il principio del “libero arbitrio”, che non può essere mai la libertà di distruggere, di uccidere, di sfruttare gli altri esseri umani e l’ecosistema, ma è la ricerca individuale della via che ci porta a Dio, al Creatore, attraverso le nostre esperienze di vita e di vite, nelle varie dimensione dell’essere.
Mangiare biologico è solo l’inizio di un percorso da fare insieme. Ma è un passo importante, più di quanto spesso si creda. È dire no ad una idea di progresso contro la natura e contro il nostro corpo; è affermare che noi siamo fatti del cibo che mangiamo e quindi vale la pena di scegliere il meglio. Vale la pena di dedicare il nostro tempo a cucinarlo e a mangiarlo insieme alla nostra famiglia. Vale la pena di ringraziare la Terra e chi lo ha coltivato per avercelo fornito. Vale la pena di assaporarlo prima di ingoiarlo.
È sicuramente un passo importante e, come si dice, “chi ben comincia è a metà” dell’opera”, “l’appetito vien mangiando”, “un passo tira l’altro” e “tutto il resto vien da sé”…
Va a finire che, spezzando questo pane, riusciamo a cambiare i destini del mondo!
Renzo Agostini