Oggi il bio è “sulla” e “nella” bocca di tutti: tutti ne parlano, tanti lo mangiano. Un grande risultato, difficile da immaginare 25 anni fa, quando è stata approvata la prima direttiva da parte della Comunità Europea per definire e regolamentare l’intero settore del biologico. All’epoca una piccola nicchia di persone e aziende molto motivate a far bene il proprio lavoro, per ragioni non solo economiche, ma con forti ideali.
Queste radici sane, hanno fatto sì che il settore crescesse, fino a diventare sempre meno nicchia, fino ad arrivare a occupare metri importanti di scaffalature nelle grandi catene di supermercati, nei negozi di qualunque tipo e non solo specializzati.
L’ultimo anno e mezzo, in particolare, ha fatto registrare una grande crescita dei consumi bio, circa il 18%, ma l’eccessivo entusiasmo del mercato ha portato ad una crescita improvvisa dell’offerta, dilagata in tutti i comparti, ben oltre la domanda.
Probabilmente il settore bio non era pronto a sostenere questa crescita improvvisa e ci sono stati problemi, soprattutto fra i negozi specializzati, ma anche fra i produttori e i distributori, che si sono visti spesso sfuggire la situazione di mano.
Tutti si sono messi a fare biologico, anche aziende lontane un miglio da questa filosofia: pressapochismo, azzardo, scorciatoie, ricerca del prodotto a basso costo…. mah!
La mia impressione è che questa crescita così rapida abbia avuto come effetto una sorta di “volgarizzazione” del bio, sia per quanto riguarda il produttore (dove gli ideali sono diventati altri), sia per il consumatore, più attento alla scadenza, agli allergeni e alle tabelle nutrizionali, che alla storia del prodotto, alla provenienza delle materie prime, alla affidabilità di chi le trasforma, all’ambiente, ecc.
Questo “bio di massa”, mi preoccupa; è diverso dal “bio di tutti”, per cui lottiamo da tanti anni.
Uno dei motivi di preoccupazione sta proprio nella debolezza di uno dei suoi strumenti di base, che è il sistema di certificazione. A fronte di una crescita esponenziale del bio, le modalità di controllo e di certificazione sono rimasti praticamente gli stessi. Ammirevoli alcuni tentativi di mettere almeno insieme le banche dati da parte di Federbio, ma grandi difficoltà a modificare meccanismi che andavano abbastanza bene quando le aziende erano piccole, poche e con grandi ideali; del tutto inadeguati oggi a fronteggiare un settore cresciuto, globalizzato, con ideali diversi, con intenzioni non sempre oneste.
Se è vero che i negozi specializzati si dovranno ristrutturare, riorganizzare, per continuare a stare sul mercato, credo che operazione analoga debbano fare anche gli organismi di controllo.
Basti pensare ad un settore in grande crescita come quello della ristorazione biologica, dove ancora i controlli sono effettuati sulla base di protocolli privati, manca una legge che ne definisca i termini, con regole chiare e realisticamente applicabili.
Altro motivo di preoccupazione è l’imbarbarimento a livello produttivo, spesso con la perdita di qualità e di nutrimenti che la materia prima biologica possiede, ma che vengono distrutti da lavorazioni industriali che probabilmente abbassano i costi, ma di pari passo, anche il valore (energetico, nutrizionale, ambientale, etico, sociale) di ciò che viene prodotto e consumato.
Penso che entro pochi mesi, il mercato biologico in Italia troverà un nuovo equilibrio; passerà la sbornia e chi si è lanciato a spada tratta senza sapere né come né dove, si fermerà un attimo a leccarsi le ferite. E questo sarà il momento giusto per dare una nuova definizione a tutto il settore, ridando spazio agli ideali ed ai principi che ne devono stare alla base, ridefinendo le funzioni ed i compiti degli organismi di controllo, andando a interessare anche quei settori come la ristorazione, ancora fuori dal sistema di certificazione.
Ma un ruolo decisivo spetterà a tutti quelli che credono nel bio e scelgono per sé e per la propria famiglia una alimentazione biologica. Il bio oggi, è come una pianta cresciuta troppo e male: va potata. Le forbici le ha in mano il consumatore, nel momento in cui sceglie cosa, come e dove acquistare il bio, favorendo chi lavora onestamente, in modo trasparente, coerentemente ai principi etici e morali che portano al rispetto dell’uomo, degli animali, dell’ambiente: il bio di tutti!