Di recente, mettendo ordine nella mia libreria, mi sono imbattuto in un vecchio libro, all’apparenza ancora “vergine”, anche se ingiallito. Strano. Eppure non c’era traccia del mio passaggio: neppure una piega, qualche sottolineatura, delle note. Le pagine erano compatte ed ho provato a farle girare per ridarle vita e queste hanno scricchiolato come le ossa di un vecchio, non so dire se felici di essere riportate in luce o infastidite per il brusco risveglio dal loro sonno.
Il titolo del libro scritto da Max Frisch è “Homo faber”, acquistato da me nel 1998, ma, noto con stupore, scritto nel 1957… il mio anno di nascita! L’idea di leggere un libro scritto nell’anno in cui io sono nato, mi ha subito incuriosito ed ho iniziato la lettura.
Al di là del linguaggio, a volte non politically correct, almeno per i canoni odierni, rispetto a donne e uomini di colore (in sessant’anni qualche passo avanti lo abbiamo fatto… almeno sulla carta), il racconto prova a farci riflettere su quanto sia il destino oppure la nostra volontà a determinare le nostre vite. Il protagonista, dopo una serie di peripezie (precipita con un aereo passeggeri, ecc.), incontra sulla nave che lo dovrebbe riportare a casa, una ragazza, molto più giovane di lui e finisce che i due si innamorano. Poi succede che la ragazza viene morsa da un serpente velenoso su una spiaggia in Grecia; lui la porta disperatamente in ospedale ma non c’è nulla da fare.
Lì incontra la madre della ragazza e si rende conto che la donna era stata la sua fidanzata e che la ragazza era in realtà la loro figlia, che lui credeva mai nata in quanto la donna aveva detto che avrebbe abortito assecondando il suo volere, ma poi fece nascere la bambina ed ebbe un’altra vita con un altro uomo. Caspita quante coincidenze! Quanto ha inciso il destino, le situazioni impreviste e quanto quelle non risolte, lasciate lì sperando di non trovarsele fra i piedi in futuro. Certo, tante coincidenze, ma anche la non scelta sul fatto di tenere o meno la bambina ed in ogni caso aver lasciato la donna sola ad affrontare il problema.
Homo faber fortunae suae, l’uomo è artefice della propria sorte. È l’uomo con le proprie scelte a determinare la propria vita; poi possono sempre accadere imprevisti che cambiano il destino (la destinazione), ma anche nei momenti di tempesta è possibile tenere il mano il timone della propria vita.
Anche quando si tratta del destino del pianeta? Fino a qualche secolo fa questo problema non si poneva affatto. Ma in realtà neanche oggi. In gioco non è il destino del pianeta che non sa che farsene di questa pulce chiamata essere umano. In gioco c’è la vita dell’uomo sul pianeta. E su questo l’uomo è causa del proprio destino.
Riporto a tal proposito un paio di paginette (infilate dall’autore all’interno della narrazione, come una sorta di “discorso” sulla necessità di ricorrere alla interruzione di gravidanza) del libro Homo faber, ricordando che sono state scritte nel 1957: “|…|L’interruzione della gravidanza è oggigiorno una cosa naturale. In linea di principio: dove andremmo a finire senza interruzione della gravidanza? Il progresso della medicina e della tecnica costringe addirittura chi sia provvisto di un senso della responsabilità a prendere nuovi provvedimenti. Triplicazione dell’umanità in un secolo. Prima non c’era igiene. Concepire e partorire e lasciar morire nel primo anno come piace alla natura, è più primitivo ma non più morale. Lotta contro la febbre puerperale. Taglio cesareo. Incubatrici per i parti prematuri. Prendiamo la vita più sul serio che un tempo. J.S. Bach aveva messo al mondo tredici figli (o qualcosa di simile) e di essi ne visse appena il 50%. Gli uomini non sono conigli, è una conseguenza del progresso: dobbiamo regolare la cosa da noi stessi. La sovrappopolazione ci minaccia. Il mio primario è stato nell’Africa del nord, e dice testualmente: se gli arabi un giorno giungono al punto di non far più i loro bisogni attorno alla casa, si può contare sul raddoppiamento della popolazione araba entro vent’anni. La natura fa così: sovrapproduzione per garantire la sopravvivenza della specie. Noi abbiamo altri mezzi per garantire la sopravvivenza della specie. La santità della vita! La sovrapproduzione naturale (se ci riproduciamo al massimo come gli animali) diventa una catastrofe; non più preservazione, bensì distruzione della specie. Quanti uomini nutre la terra? Incrementare il rendimento è possibile; compito dell’UNESCO: industrializzazione dei territori sottosviluppati, ma l’incremento non è illimitato. La politica è difronte a problemi affatto nuovi. Uno sguardo alla statistica: riduzione della tubercolosi, per esempio, successo della profilassi, riduzione dal 30% all’80%. Il buon Dio! Lui lo faceva con le epidemie: noi gliele abbiamo tolte di mano. Risultato: gli dobbiamo togliere di mano anche la procreazione. Nessun motivo di rimorso, al contrario: dignità dell’uomo di agire razionalmente e decidere da solo. Altrimenti sostituiamo le epidemie con la guerra. Basta con il romanticismo. Chi rifiuta per principio l’interruzione della gravidanza è romantico e irresponsabile. Non dovrebbe avvenire per leggerezza, si capisce, ma per principio. Dobbiamo tenere conto dei fatti, per esempio del fatto che la sopravvivenza dell’umanità è non per ultimo una questione di materie prime.
|…| E non dimentichiamo l’automazione: non abbiamo più bisogno di tanta gente come prima. Sarebbe più ragionevole migliorare lo standard di vita. Tutto il resto porta alla guerra e alla distruzione totale. Ignoranza, mancanza di competenza sono tuttora assai diffuse. Sono sempre i moralisti che fanno il danno maggiore. L’interruzione della gravidanza: un portato della civiltà, solo la giungla partorisce ed imputridisce come natura vuole. L’uomo sa pianificare. Molta infelicità è dovuta al romanticismo, quanti matrimoni catastrofici si fanno solamente per la paura di interrompere la gravidanza! Differenza fra prevenzione ed intervento? In entrambi i casi si tratta della determinazione umana di non aver figli. Quanti figli veramente voluti? Altro è che la donna è disposta ad accettarli quando il fatto è ormai compiuto, automatismo degli istinti, si dimentica che ha cercato di evitare la concezione, inoltre senso di potere difronte all’uomo, maternità come mezzo di lotta economica della donna. Che significa destino? È ridicolo voler dedurre il destino da incidenti meccanico-fisiologici, non è degno di un uomo moderno. I figli sono qualcosa che vogliamo oppure non vogliamo. Danneggiano la donna? Fisiologicamente no, se ad intervenire non è un incompetente; psichicamente solo se la persona in questione è succuba di idee morali o religiose. Ciò che respingiamo: la natura come idolo! In tal caso bisognerebbe essere coerenti: niente più penicillina, parafulmini, DDT, occhiali, radar, eccetera. Noi viviamo tecnicamente, l’uomo dominatore della natura, l’uomo ingegnere, e chi si oppone non dovrebbe servirsi di altri ponti fuor di quelli costruiti dalla natura. Allora bisognerebbe essere coerenti e rifiutare ogni intervento, vale a dire: morire di appendicite. Perché è destino! Allora niente lampadine elettriche, niente motori, niente energia atomica, niente calcolatrici, niente narcosi – allora via nella giungla!”
Tratto da Max Frisch “HOMO FABER” – ed. Universale economica Feltrinelli 1997.
Leggendo questo che è un vero e proprio manifesto dell’Homo Faber, un po’ ho sorriso, un po’ mi sono irritato, un po’ ho dovuto convenire. Nel suo modo a volte cinico di affrontare il tema della interruzione di gravidanza per frenare il problema dell’aumento della popolazione, pone l’accento su alcune questioni rimaste irrisolte in questi oltre 60 anni.
Certo l’aborto è un tema ancora aperto, ma fa parte dei diritti della donna; nessuno oggi immagina di fermare la crescita della popolazione mondiale con l’aborto (a tal fine, eventualmente, solo pochi anni dopo, nel 1960, è stata inventata la pillola anticoncezionale). Ma ci sono delle affermazioni importanti che vanno evidenziate. Se l’uomo si mette in mezzo ed impedisce alla natura di fare il proprio corso, bisogna che lo faccia fino in fondo, perché o guida la natura o guida l’uomo.
E qui c’è un problema: la natura è un orologio perfetto, non soffre di alcun tipo di moralismi, sa essere dolce e spietata, accogliente e devastante; tutto deve corrispondere al proprio obiettivo che è la conservazione del pianeta per il tempo che gli è stato concesso, prima che l’universo decida di distruggerlo. Non c’è il bene e non c’è il male, c’è solo un equilibrio da mantenere.
L’uomo in questo ultimo secolo si è messo in mezzo. Lo spiega bene Frisch: se da una parte la medicina fa passi da gigante e contrasta il modus operandi della natura (epidemie, malattie, morti precoci), dall’altro devi riportare equilibrio riducendo il numero delle nascite. Non aver affrontato fino in fondo il problema ci ha portato alla situazione attuale che ormai è totalmente fuori controllo. O epidemie o guerre.
Oggi abbiamo un problema in più che ancora Frisch non conosceva, il riscaldamento della Terra, l’emergenza climatica, provocata dall’eccesso di produzione di CO2. Ma potremmo anche parlare dell’inquinamento, della plastica negli oceani, dell’esaurimento di risorse non rinnovabili, della distruzione delle foreste. Questo Homo Faber non potrà mai sostituirsi alla natura, perché gli manca il concetto di equilibrio. In questa logica non ci possono stare più consumi e più consumatori: non si può volere la botte piena e la moglie ubriaca!
Ma noi siamo uomini tecnologici, moderni e troveremo soluzioni a tutto: energia pulita, produzioni a impatto zero, smart city e chi più ne ha più ne metta! Tutto ciò che può darci l’illusione che nulla cambierà e che invece di andare dal benzinaio basterà attaccare l’auto alla spina, va benissimo! Purtroppo non sarà così e lo sapremmo tutti se non fossimo accecati dalla paura di perdere i “privilegi” di cui stiamo immeritatamente godendo. “La nostra casa brucia – dice Greta – Ma noi stiamo perdendo tempo a discutere del nulla”.
Come facciamo a pensare di ridurre le emissioni se non si fa che parlare di rilancio dei consumi, di aumento del PIL! Non vi sembra schizofrenico? È evidente che chi oggi governa il mondo lo porterà in pochi decenni alla distruzione. Che fare? Come fermarli? Non è semplice. Prima di tutto perché nessuno oggi ha la ricetta di come fare per venirne fuori. La decrescita felice poteva essere una soluzione se adottata con decisione vent’anni fa. Ma più passa il tempo e più questa decrescita dovrà accelerare e la felicità si trasformerà in panico. La fantascienza ogni tanto ci viene in aiuto, ma in questo caso vedo solo guerre, invasioni aliene, sopravvissuti… niente di buono. Neppure gli scrittori di fantascienza, quelli che sono stati spesso capaci di prevedere il futuro sanno farci intravvedere scenari positivi.
Dicono che Bill Gates abbia una sua idea di come fare a ridurre drasticamente la popolazione… mah! Forse ci sta già
provando. Ma qui passiamo dalla fantascienza alla onnipotenza e forse è meglio lascar perdere. La natura ci dice che la parola giusta è equilibrio e che questo equilibrio va ricercato a livello globale per il bene di tutti.
Se diffondiamo nel mondo i benefici della ricerca e dello sviluppo, dobbiamo anche essere in grado nello stesso tempo di controbilanciare: equi-librio significa due pesi di egual misura. Ma potremmo non farlo? Potremmo noi Occidentali dire ai restanti 4/5 del mondo che certi lussi possiamo permetterceli solo noi? Che loro non devono ambire a possederli perché altrimenti salta l’equilibrio della natura? Seduti al tavolo Cop 26 c’erano interessi troppo divergenti per poter arrivare ad accordi capaci di invertire la corsa verso la catastrofe. L’uovo oggi, viene sempre prima della gallina di domani.
È un problema di giustizia, di democrazia, di equità. I sacrifici non piacciono a nessuno, in particolare a quelli che li hanno sempre dovuti fare per far crescere la nostra ricchezza. Quello che ci frega è l’idea di progresso che ci è entrata nel dna e che ci fa immaginare tutto possibile, alla Walt Disney: se puoi immaginarlo, puoi farlo. Non c’è l’idea del limite e soprattutto del limite invalicabile. È sufficiente che si possa fare, senza tener conto delle conseguenze nel breve e nel lungo termine, sull’uomo e sull’ecosistema. Ma prima o poi i nodi vengono al pettine.
I sogni vanno sempre “messi a terra”, come ben sa chi fa impresa, altrimenti finisce male. I conti devono tornare. Nelle imprese ed anche con il Pianeta; che non è una pianura sterminata che si allunga nell’universo all’infinito, ma è una palla, una pallina, di poco più di 510 milioni di chilometri quadrati con una popolazione di circa 8 miliardi (nel 1957 non arrivava a 2.9 miliardi).
La sensazione è che l’essere umano non sia più in grado di affrontare seriamente il problema e che si cercherà di tirare avanti facendo qualcosina per non passare alla storia come dei vigliacchi totali, ma lasciando sostanzialmente il cerino in mano alle prossime due/tre generazioni che saranno chiamate a piangere lacrime amare per sopravvivere su un Pianeta sempre meno ospitale.
Cosa possiamo fare? Magari cominciare a pensare ad un mondo con meno consumi e meno consumatori e iniziare a farlo noi, che siamo quelli ad aver provocato il danno, da subito. A farlo con determinazione e consapevolezza, perché a parlarne sono bravi tutti, ma poi…
Immaginare una economia che premi la riduzione dei consumi, è possibile? Mi piacerebbe sentire il parere di Adam Smith che viene considerato il padre dell’economia per capire come fare a modificare i parametri del libero mercato e del valore dei beni frutto del rapporto domanda-offerta per trasformarli in domanda-sostenibilità dell’offerta.
Possiamo aiutare le prossime generazioni costruendo una nuova cultura, nuovi modelli di pensiero, una nuova visione del mondo, sostituendo gli idoli di oggi, con nuovi valori che saranno le armi con le quali potremo aiutarli a vincere la loro battaglia per la sopravvivenza.
Nel 2021 siamo entrati nell’Era dell’Acquario che governerà il quadro astrale del pianeta per i prossimi 2160 anni circa. L’Era dei Pesci, appena conclusa, era stata caratterizzata dalla ricerca della conoscenza e dallo sviluppo tecnologico. La nuova Era vedrà il predominio della consapevolezza e della saggezza, della solidarietà, della fratellanza, dell’umanitarismo. Un mondo diverso da questo dove i beni materiali, il possesso, saranno meno importanti rispetto alla possibilità di accesso e di condivisione. Mi auguro che cominceremo a sentirne presto tutti i benefici.
Di fronte a me ho una piastrella in ceramica dipinta da un carissimo amico morto troppo giovane mentre era in missione in Africa, Gianfranco Zavalloni: è un disegno dove ognuno può leggerci ciò che vuole; io ci vedo un’arca sulla quale stanno salendo animali e piante. In cima una frase “una minoranza sufficientemente creativa può influenzare l’opinione pubblica e cambiare i destini del mondo”.
Vale sempre la pena di provarci, ricordandoci che siamo esseri umani e non Dio.
Renzo Agostini