Dopo due mesi di convivenza con il virus e di “resto a casa”, mascherina e distanziamento sociale, è arrivato il momento di provare a capirci qualcosa.

Cosa tutt’altro che semplice. O meglio, semplicissimo per chi non ama porsi domande, si beve l’informazione pubblica come l’unica verità, accetta con nonchalance le contraddizioni, i cambiamenti di rotta, le boutade del politico di turno, il giramento di numeri, la caciara televisiva, come se tutto fosse normale. Complicato se, non volendo essere complottista, negazionista, o che ne so, si vorrebbe semplicemente poter avere gli strumenti per farsi una propria opinione. Non c’è un dibattito serio, non si dà modo neppure a medici, ricercatori, scienziati di presentare studi che arrivano a conclusioni diverse da quelle delle varie task force. Solo fango, insulti, fake news. In questo modo non si fa più informazione, ma “propaganda”, se vogliamo chiamarla con il suo nome.

A proposito di propaganda, sono diventati veramente inguardabili anche tutti gli spot pubblicitari prodotti nell’epoca Covid. Trasudano retorica, sono stomachevoli. Prodotti, supermercati, porcherie di ogni genere, fra bandiere ed inni alla libertà, carichi di ottimismo e di buonismo. Una vergogna!

Il problema è che, se stessimo parlando di campionato di calcio o di che colore andrà di moda nell’estate 2020, mi potrebbe anche non importare; ma qui si parla di salute, di diritti, di libertà, di etica, non sono argomenti di secondaria importanza, sono le fondamenta della nostra civiltà.

Su questo argomento abbiamo il diritto e il dovere (la responsabilità) di informarci, che è cosa ben diversa dalla richiesta di uniformarci.

Ad esempio mi piacerebbe poter discutere liberamente di vaccini. Io non mi ritengo un No-Vax, ma ho delle fortissime perplessità che nel caso del CoronaVirus un vaccino possa produrre gli effetti sperati (dico dalla gente, non dalle case farmaceutiche); ma purtroppo un dibattito serio sui vaccini non è possibile, perchè c’è chi è a favore e chi è contro e le due parti non riescono a dialogare, anche perchè si evita accuratamente di metterle a confronto in un dibattito alla pari.

C’è un’altra semplice domanda a cui non riesco a trovare spiegazioni: ma quest’anno l’influenza annuale c’è stata?Ha fatto altri morti oltre al Covid? Oppure l’influenza di quest’anno è stata il Covid? E se è così, che cosa si sono iniettate tutte le persone che hanno fatto il vaccino antinfluenzale ad ottobre novembre, quando il Covid-19 (ormai è chiaro a tutti) era già diffuso anche in Italia? Quel vaccino le ha protette dal Covid o ha peggiorato le loro difese immunitarie rendendole più suscettibili al coronavirus? Oppure è stato sbagliato vaccinarsi, ma non ha fatto nulla? Sono domande che non mi dovrei porre? Perchè?

C’è qualcuno che sta cercando di capire veramente che cosa è successo in Lombardia per avere una incidenza di contagi e di decessi così sproporzionato rispetto al resto del paese? Sfiga? Errori? Altro? Quando lo sapremo? Quali responsabilità si vogliono coprire?

Ci chiedono di essere responsabili. Ma oggi cosa significa essere responsabili? Che differenza c’è fra responsabilità e obbedienza? Quando il senso di responsabilità diventa condivisione? Quando essere responsabili è indice di colpevolezza? Proviamo ad uscire dalla emergenza del quotidiano, proviamo a rileggere altri momenti storici in cui forse è più semplice, col senno di poi, con maggiore distacco, capire cosa avremmo risposto di fronte ad una richiesta del genere.

Per essere responsabili dovremmo essere consapevoli e quindi informati, liberi di decidere se partecipare o meno. E’ come se in questo momento, le istituzioni che dovrebbero essere lì per prendersi le responsabilità, queste responsabilità le volessero delegare ad altri, alla scienza e alla gente che deve obbedire. Ma non puoi dirlo neppure più ad un bambino, “fai come ti dico e basta”!

Soprattutto se non hai la verità in tasca, se cambi ogni giorno parere, se, come sembra, si sta pensando di continuare nel tempo con distanziamento sociale e compagnia bella; il partito delle mascherine vorrebbe farle diventare divisa nazionale (combattiamo il burka come forma di discriminazione nei paesi islamici e qui lo introduciamo per tutti obbligatoriamente, senza porci domande sulla vera utilità e sulle controindicazioni). Dovremo abituarci a vivere così.

No, mi spiace, così non va bene. Occorre darsi un limite oltre al quale non si può andare. Poi purtroppo si morirà anche di Covid, come di tumore, di infarto, di diabete, di incidenti stradali (a queste morti ci siamo abituati, non ci fanno più paura?) ecc., ecc.; ma alla civiltà dobbiamo tornare quanto prima.

C’è una cosa contro cui noi ambientalisti ci siamo trovati spesso a combattere, che è il principio del rischio accettabile. Ad esempio, si dice che in un cibo sono accettabili determinati quantitativi di pesticidi, non perchè quel quantitativo garantirà zero persone che si prenderanno un tumore a causa di questi pesticidi, ma perchè l’incidenza di tumori a quelle concentrazioni è un rischio accettabile. Noi diciamo che in questo caso è un principio sbagliato, perchè non è inevitabile spargere sostanze chimiche nei campi, ma nella vita, siamo in ogni momento, anche quando stiamo in casa, soggetti a un qualche rischio, che dobbiamo assumere come accettabile, altrimenti smettiamo di vivere. Ed è quello che dovremo prima o poi fare anche in questo caso, dal momento che ora il virus lo conosciamo molto meglio e abbiamo cominciato a sapere come affrontarlo (cosa che nell’emergenza non era stato possibile).

C’è chi prova a tranquillizzarmi “Ma certo, appena avremo il vaccino tutto tornerà come prima!”.  Ma io non mi sento per nulla tranquillo: perchè non ci credo, perchè non mi fido, perchè c’è troppa censura sulla informazione, perchè ci sono troppi interessi in gioco.

Abbiamo scritto ovunque “andrà tutto bene“. Ma dobbiamo dircelo, non è vero. Non è vero che andrà tutto bene se rinunceremo alla nostra responsabilità verso l’umanità, verso i nostri figli, verso anche noi stessi. Ora più che mai dobbiamo essere sentinelle della libertà e della democrazia.

Il mondo che avevamo non mi piaceva. Da sempre provo a cambiarlo. Ma non è questo il verso.

 

L’articolo è stato pubblicato sulle pagine del Corriere di Romagna, in cui è leggibile a questo link.