Quale sia il mio parere sulla necessità di mettere al primo posto la tutela del nostro ambiente penso lo sappiate già: ne ho scritto e parlato tante volte in questi miei 65 anni.
E allora prendo a prestito qualche riga da un romanzo molto carino che sto leggendo, “L’incredibile viaggio della novantenne salvata dai pinguini” di Hazel Prior (ed. Newton Compton 2021): “… Da una vita ho l’abitudine di raccogliere rifiuti abbandonati, a causa di qualcosa che mi disse una volta il mio caro papà: è un piccolo atto di omaggio, nonché un gesto simbolico, fare ammenda per il caos creato dalla razza umana. Anche i sentieri più isolati della costa dell’Ayrshire, sono stati sporcati dalla noncuranza del genere umano.
Non è facile maneggiare bastone, pinze, sacchetto e borsetta, soprattutto con questo ventaccio. Le mie ossa iniziano a protestare per la fatica (…). Mi fermo un momento ad ammirare la bellezza tempestosa del paesaggio costiero (…). Poi vedo qualcosa di rosso che appare e scompare fra le onde. Un sacchetto di patatine o un involucro di biscotti? La parte giovane di me correrebbe giù sulla spiaggia, entrerebbe in acqua e andrebbe a prenderlo, ma ora, ahimè, non posso più fare queste cose. L’acqua nebulizzata mi arriva in faccia e cola giù, come lacrime.”
“Mi tornano in mente le parole che mio padre mi disse da bambina (…). Esistono tre tipi di persone al mondo: quelli che peggiorano il mondo; quelli che non fanno alcuna differenza e quelli che lo migliorano. Se puoi sii una di quelle che rendono il mondo migliore.”
Da un anno sono tornato ad abitare a San Giuliano Mare, vicino al mare, dove sono nato. Ho vissuto questa scena tante volte nelle mie passeggiate al mattino sulla spiaggia, con il sacchetto per raccogliere i rifiuti abbandonati in mare e finiti sulla battigia. Ogni volta che raccolgo un pezzo di plastica non posso fare a meno di pensare alla stupidità di chi l’ha gettato, con noncuranza, superficialità, crudeltà, ben sapendo il danno che stava producendo all’ambiente e a tutti noi.
Sì, perché oggi non sono più disponibile ad accettare la scusa dell’ignoranza. Nessuno può dire di non sapere, nessuno può gettare plastica, mozziconi di sigarette, lattine, affermando di non sapere!
Non è più un problema di informazione, ma di educazione. Educare significa guidare, prendere le persone per mano (anche se in certi casi preferirei prenderle per le orecchie!), dimostrare con l’esempio cosa è giusto fare e dimostrare apertamente la nostra contrarietà, ma potremmo anche dire disprezzo, verso quei soggetti maleducati.
Parlo della plastica in mare perché è una cosa talmente cretina che se non riusciamo a risolvere almeno questa non ce la faremo mai ad affrontare quei temi che implicano il cambiamento dello stile di vita, dell’alimentazione, dei consumi.
Chi ha il compito di educare sono prima di tutto i genitori, con l’esempio e con la richiesta di rispetto delle regole. Oddio, regole! Ma la libertà? Non c’è libertà senza il rispetto dell’altrui libertà, non c’è libertà senza limiti, perché poi si finisce nell’abuso, nella violenza, nella sottomissione, nella infelicità cronica.
Libertà e felicità devono stare insieme perché sono strettamente connesse una all’altra: non è possibile raggiungerne una sì e una no. L’aspirazione a vivere liberi e felici ce l’abbiamo nel nostro Dna, ma possiamo avvicinarci solo se facciamo questo percorso insieme agli altri esseri umani, agli esseri viventi e all’ambiente che ci ospita.
Il padre della protagonista del romanzo augura alla figlia di appartenere alla terza categoria di persone, quelle che migliorano il mondo. È un augurio che voglio rivolgere anche a me stesso e a tutti quanti. In questo modo potremo dire che la nostra vita ha avuto un senso e che è valsa la pena viverla.
Renzo Agostini